sabato 20 febbraio 2016

Intervista a Fabiana Stefanoni - dal sito del Partito di Alternativa Comunista


Questa intervista alla compagna Fabiana, al nostro fianco in numerose lotte, non la proponiamo solo per fare cronaca. Le sue parole racchiudono pienamente il nostro pensiero su come intendere il sindacato, la democrazia, la partecipazione e l'unità della classe.


La redazione di CUBlog







QUANTO CONTA LA BASE NEL "SINDACALISMO DI BASE?"

La recente scissione di USB




a cura della redazione web


Si parla molto, in questi giorni, della scissione di alcune importanti federazioni locali (dell’Emilia e della Lombardia
soprattutto) da Usb: scissione che ha dato vita a Sgb, “Sindacato generale di base”. Ne parliamo con Fabiana Stefanoni, lavoratrice della scuola e dirigente di Alternativa comunista, da sempre attiva nelle lotte del sindacalismo conflittuale, che nel 2011 fu espulsa proprio da Usb: una vicenda che fece molto clamore, anche perché avvenne nel pieno di una stagione di dure lotte dei precari della scuola, nelle quali Fabiana rivestiva un ruolo riconosciuto di direzione e coordinamento.
Fabiana, la tua espulsione da Usb destò una diffusa indignazione ai tempi. Ci puoi riassumere brevemente la vicenda?

E’ difficile riassumere in poche parole questa “brutta storia”, come spesso l’hanno definita i tanti compagni di lotta che, su scala nazionale e internazionale, mi hanno espresso la loro solidarietà. Vi invito a rileggere alcune interviste che avevo rilasciato allora al sito di Alternativa comunista (1).
Basti qui dire che i vertici di Usb hanno deciso di espellermi per raccomandata, senza nemmeno degnarmi prima di una telefonata, proprio nel momento in cui stavo coordinando una dura lotta dei precari della scuola, all’indomani di uno sciopero autorganizzato. Sciopero che, nonostante l’opposizione di Cgil, Cisl e Uil, aveva avuto nella nostra provincia (Modena) un’altissima adesione (2).
Il pretesto per cui sono stata espulsa era l’aver aderito pubblicamente a uno sciopero degli immigrati promosso da altri sindacati (Cub e Si.Cobas). Una espulsione che ha messo in evidenza la totale mancanza di democrazia all'interno di Usb e la miopia della sua direzione. Ci tengo però a ricordare che moltissimi attivisti della base di Usb, così come tanti protagonisti delle lotte di diversi sindacati di tutto il mondo, mi hanno espresso il loro sostegno sottoscrivendo una petizione per il mio reintegro: petizione che è stata totalmente ignorata dall’Esecutivo nazionale, a dimostrazione di quanto poco (o niente) conti la base in un sindacato che si chiama “Unione sindacale di base”.


Quindi concordi con le valutazioni dei dirigenti che hanno deciso di rompere con Usb e dare vita a Sgb? Anche loro lamentano mancanza di democrazia ed eccessivo centralismo…

Beh, a parole siamo d’accordo. Peccato che proprio coloro che stanno guidando questa scissione (mi riferisco per esempio a Massimo Betti, attuale portavoce di Sgb, e ad alcuni dirigenti del settore Scuola che lo hanno seguito) furono tra i più accaniti sostenitori della mia espulsione. Anzi, furono proprio loro ad espellermi “per raccomandata” e usando metodi tipici della tradizione stalinista per colpire posizioni in dissenso con quelle del gruppo dirigente nazionale, di cui allora facevano parte. Per questo mi sembra bizzarro che i dirigenti di Sgb lamentino il peso di una organizzazione politica stalinista, la Rete dei comunisti, nella direzione di Usb: alcuni di loro provengono proprio dalle sue file e altri vi hanno sempre collaborato. E' noto da tempo che la Rete dei comunisti dirige Usb: come mai Betti lo ha scoperto solo ora? C'è da presumere quindi che i motivi della rottura siano da cercare in divergenze relative alla gestione economica e organizzativa del sindacato.


Quindi ritieni che non ci sia nulla di buono in Sgb?

Al contrario. Penso che si debba distinguere tra la base e gli onesti attivisti da una parte e i vertici dall’altra. Sono convinta che ci sia molto di buono sia nella base di Sgb che nella base di Usb. E’ probabile che molti attivisti sindacali che hanno preso coscienza del carattere burocratico della direzione di Usb stiano seguendo Sgb, senza essere consapevoli del fatto che chi lo dirige è della stessa pasta degli altri. Non solo: penso anche che nella base di Usb la maggioranza dei compagni sia animata da spirito combattivo, conflittuale e anche unitario. Del resto tante divisioni che incontriamo nel sindacalismo di base – spesso prive di qualsiasi razionalità: pensiamo solo a quanto sia difficile costruire momenti di sciopero e di lotta unitari! - non sono l’espressione della volontà della base. Anzi: i lavoratori in lotta sanno, per loro esperienza diretta, che ciò che li rafforza di fronte ai padroni è l’unità, e non le divisioni…


Quindi un sindacalismo "di base" con poco protagonismo "della base"?

Purtroppo spesso è così. Molto dipende dai livelli di mobilitazione della classe. Sappiamo, e l’esperienza storica ce lo insegna, che nei momenti di grande ascesa delle lotte non c’è struttura burocratica che tenga. Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, gli operai in Italia furono in grado di scavalcare con le loro lotte gli apparati sindacali burocratici, imponendo le loro scelte democraticamente prese e discusse nelle assemblee autorganizzate. Anche gli attuali sindacati “di base” sono nati da esperienze di lotta importanti e radicali. All’inizio, sulla spinta di quelle esperienze combattive e partecipate, effettivamente si trattava di “strutture di base”, radicate nella democrazia operaia. Col rifluire delle lotte, molte piccole strutture si sono “burocratizzate”. Certo, senza arrivare ai livelli dei grandi apparati burocratici. Ma gli spazi di partecipazione e democrazia si sono in gran parte erosi: limitata agibilità delle strutture territoriali, scarsissimo ricambio ai vertici, gestione “proprietaria” e paternale delle strutture sindacali, ecc.
Non voglio ovviamente fare di tutta l’erba un fascio. In particolare dove le mobilitazioni sono state più vivaci – dai lavoratori delle logistica e delle cooperative ai lavoratori della scuola, dai lavoratori dei trasporti a vari settori operai – i lavoratori hanno saputo imporre con la lotta e l’esempio la partecipazione dal basso: le decisioni le prendono gli operai, a partire da quelle relative ai metodi e agli obiettivi della lotta, senza accettare imposizioni burocratiche da parte di nessuno. Ma indubbiamente ci sono molte storture nel sindacalismo conflittuale nostrano che andrebbero corrette.


La mancanza di democrazia sindacale secondo te può compromettere anche l’azione e il programma del sindacato? Pensiamo ad esempio alla firma dell’accordo della vergogna… 

Se i sindacati diventano apparati fondati sul liderismo di pochi anziché sulla partecipazione della base, la difesa degli interessi burocratici finisce per avere la meglio rispetto alle esigenze della lotta. E non necessariamente si tratta di grandi interessi burocratici: nel caso del sindacalismo “di base”, spesso sono piccoli privilegi o situazioni di comodo. Basta pensare alla gravissima recente decisione dei dirigenti nazionali di Cobas Lavoro Privato, Usb (con l’accordo pieno anche di Massimo Betti leader dell’attuale Sgb), Orsa e altri di firmare il Testo unico sulla rappresentanza (noto come “accordo della vergogna”), cosa che implica la rinuncia di questi sindacati al tradizionale ruolo di sindacati conflittuali: l’accordo prevede, tra le altre cose, la rinuncia al diritto di sciopero persino durante le trattative! Una firma che è stata probabilmente indotta dall’esigenza di conservare alcuni “privilegi”: il diritto ai delegati in fabbrica riconosciuti dall’azienda (con i conseguenti vantaggi in termini di permessi), la trattenuta sindacale in busta paga da parte del padrone (con le conseguenti entrate economiche sicure), ecc. Vantaggi che si riveleranno presto aria fritta e, probabilmente, trascineranno i sindacati firmatari verso la dissoluzione, se quella firma non verrà ritirata. Soprattutto, anche a causa di questa capitolazione, c’è il rischio che l’accordo diventi legge, con la conseguenza di diventare vincolante per tutti, inclusi i sindacati non firmatari.
Ma, tornando alla domanda, la decisione di firmare il Testo Unico è stata una scelta calata dall’alto: e non è una scelta qualsiasi, dato che comporta una trasformazione a 360° gradi di questi sindacati! Che tanti compagni di questi sindacati avessero un’altra opinione rispetto all’opportunità di firmare questo accordo vergognoso lo dimostrano sia il successo delle campagne del coordinamento No Austerity sia la nascita di aree interne ai sindacati (come in Usb ad esempio) contrarie alla firma. Iniziative a cui penso vada dato pieno sostegno.


Ma c’è qualcosa a tuo avviso che si può fare per cercare di migliorare la vita interna di questi sindacati “di base” e impedire quindi che prevalgano le spinte opportuniste?

Premesso che il fattore determinante è la lotta di classe e i suoi sviluppi, al contempo credo che si debba prestare attenzione ad alcune questioni fondamentali di democrazia del sindacato. Prima di tutto, favorire la discussione democratica e la partecipazione dei lavoratori alle decisioni del sindacato, promuovendo con frequenza assemblee e congressi (quanti congressi reali si fanno nel sindacalismo di base?); garantire un ampio diritto a tutte le minoranze di presentare le proprie posizioni (in Usb non esiste la possibilità di presentare documenti alternativi a quelli della direzione, nemmeno in fase congressuale); costruire organismi dirigenti veri, eletti dalla base e rappresentativi dei lavoratori in lotta; favorire la crescita e la formazione degli attivisti sindacali; limitare i distacchi permanenti, al fine di evitare che i dirigenti perdano il contatto con la classe lavoratrice; mantenere una totale indipendenza dallo Stato e, ovviamente, dai padroni.


Si respira molta disillusione tra gli attivisti sindacali. Non sarà un'utopia pensare di riuscire a costruire un grande sindacato di classe e conflittuale, con una reale partecipazione della base?

No, non lo è. Prima di tutto abbiamo alcune esperienze concrete cui fare riferimento e da prendere a modello. Penso soprattutto alla Csp Conlutas del Brasile, il più grande sindacato di classe dell’America Latina, tra i promotori – insieme con Solidaires di Francia e Cgt di Spagna – della Rete sindacale internazionale di solidarietà e di lotta. E’ un’esperienza sindacale che ho avuto la fortuna di conoscere direttamente, durante alcuni viaggi in Brasile, e che dimostra che anche un sindacato con milioni di affiliati può mantenere una reale democrazia interna, coniugandola con una piattaforma anticapitalista e rivoluzionaria.
C'è poi la bella esperienza di No Austerity in Italia. Pur non trattandosi di un sindacato ma di un coordinamento di tante realtà sindacali e di lotta, sta nei fatti rompendo vecchi schemi autoreferenziali e settari del sindacalismo nostrano, basandosi sulla esigenza di unificare la classe.
O penso anche alle esemplari esperienze di lotta dei settori operai più combattivi, in particolare quelli animati da immigrati e immigrate: durante le lotte e i picchetti, nello scontro spesso violento con i padroni e gli apparati repressivi dello Stato, la democrazia sindacale emerge come una esigenza forte che si concretizza in assemblee, ampia discussione delle decisioni, infine unità nell’azione.
Penso che se si lasciasse la parola ai lavoratori in lotta tanti settarismi e tante divisioni, che indeboliscono la classe e avvantaggiano solo i padroni, si scioglierebbero come neve al sole. Nella viva esperienza dello scontro di classe si sperimenta direttamente l’esigenza di unificazione: per sconfiggere il nemico bisogna restare uniti!


Note
1. Qui due interviste di Fabiana Stefanoni al sito di Alternativa Comunista, che riassumono la vicenda della sua espulsione:
USB: CHI HA PAURA DEL DISSENSO?Il grottesco caso dell'espulsione di Fabiana Stefanoni dal suo sindacato
http://www.alternativacomunista.it/content/view/1486/78/
"Un sindacato di base: ma solo nel nome"
http://www.alternativacomunista.it/content/view/1516/78/ 

2. Qui un articolo relativo a quella lotta: http://www.alternativacomunista.it/content/view/1282/78/.

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