lunedì 4 gennaio 2016

Accordo di rappresentanza: perché la CUB non lo ha firmato.

SULL’ACCORDO DEL 10 GENNAIO 2014
Perché la CUB si rifiuta di sottoscrivere il nuovo accordo liberticida di Padroni e Cgil-Cisl-Uil 
Il Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014 (conosciuto anche come Accordo del 10 Gennaio) è un accordo stipulato tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil che regola vari aspetti sulla costituzione e le funzioni delle RSU nei luoghi di lavoro andando a modificare, in maniera sostanziale, la disciplina precedentemente elaborata dal Protocollo del 1993. Chi vi aderisce può partecipare alle elezioni della RSU i cui risultati, unitamente ai dati sulle iscrizioni, servono per calcolare i requisiti di rappresentatività dei sindacati.
DOVE STA LA FREGATURA? - Stabilisce che gli accordi sottoscritti tra azienda e maggioranza delle rappresentanze sindacali avranno efficacia generale nei confronti di tutti i lavoratori e che, il contenuto degli stessi, sarà vincolante anche per tutte quelle altre organizzazioni sindacali che, pur non avendo sottoscritto l’accordo aziendale, avranno aderito al Testo Unico per poter partecipare alle elezioni.
Significa che questi sindacati non potranno scioperare contro quell’accordo, pena pesanti sanzioni.
Quindi, aderendo al T.U. del 10 gennaio, in cambio della possibilità di partecipare all’elezione della RSU, si baratta la possibilità di esprimere il proprio dissenso esercitando il diritto di sciopero e quindi il conflitto, ovvero la difesa degli interessi dei lavoratori in contrasto con lo sfruttamento del lavoro salariato.

UN ESEMPIO PRATICO - Il caso più eclatante è quello che ha interessato l’Azienda Trasporti Milanesi (ATM) che, con circa 10.000 dipendenti, gestisce i trasporti pubblici nella città meneghina e in provincia. Nell’ottobre 2014 si sono tenute le elezioni delle RSU alle quali la CUB non ha potuto partecipare non essendo firmataria del T.U.
A marzo 2015 la maggioranza delle RSU ha firmato un accordo con l'azienda relativo all'organizzazione del lavoro nel semestre Expo che andava a peggiorare ulteriormente le già pessime condizioni di lavoro.
Solo la CUB, grazie al fatto di non aver sottoscritto il T.U. del 10 gennaio, si è potuta opporre all'accordo, dichiarando lo sciopero del 28 aprile a cui ha aderito la grande maggioranza dei lavoratori ATM e che ha di fatto paralizzato Milano. 
CHE COSA STANNO TRAMANDO PADRONATO E GOVERNO – Il T.U. del 10 Gennaio rappresenta, attualmente, l’ultimo tassello in un insieme di accordi sottoscritti dai soliti sindacati compiacenti che hanno come obiettivo quello di tratteggiare un nuovo sistema di relazioni industriali, in cui il dissenso è bandito dai luoghi di lavoro e il cui prototipo di riferimento è il modello Marchionne di Pomigliano e Mirafiori.
In questo nuovo scenario il sindacato, per poter essere riconosciuto in azienda e per poter continuare a mantenere i suoi apparati burocratici, deve accettare di assumere il ruolo di “pacificatore sociale”: non deve più protestare, deve solo servire a far rassegnare i lavoratori a un progressivo ridursi dei diritti.
Il Governo, in più, sta preparando un disegno di legge con l’obiettivo di limitare ulteriormente l’esercizio dello sciopero; sostituire il Contratto Nazionale con quello aziendale, per poter favorire le trattative aziendaliste al ribasso; e introdurre un salario minimo tale da facilitare la riduzione dei salari.
CONTRO L’OFFENSIVA DEL CAPITALE, RIPARTIRE DAL CONFLITTO - Solo la CUB, il S.I. Cobas, l’USI e il CAT non hanno firmato l’Accordo del 10 gennaio. Molte altre organizzazioni, pur definendosi sindacati di base o alternativi, vi hanno aderito così da essere sicuri di non perdere alcuni diritti (trasformatisi in privilegi) riconosciuti alle rappresentanze sindacali. Proprio quei diritti conquistati grazie alle dure lotte degli anni ‘60 e che, di fronte all’attuale offensiva del capitale, non verranno certamente salvaguardati accettando di farsi legare le mani dai padroni. E’ chiaro che un sindacato di classe, che ha quindi come obiettivo quello di organizzare la classe lavoratrice che è portatrice di interessi antagonisti a quelli del capitale, non può accettare di svendere il diritto di sciopero ovvero l’arma principale per esercitare il conflitto di classe e lottare contro i ricatti e le disuguaglianze sociali. Da qui bisogna ripartire.
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