Marchionne
e il sindacalismo collaborativo bocciati dai lavoratori dell’auto negli Usa
Una
importante notizia ci giunge da oltreoceano.
I lavoratori
e le lavoratrici del settore auto negli USA hanno sonoramente bocciato a grande
maggioranza, con il 65% di no nelle votazioni che si sono svolte nei giorni
scorsi nelle diverse sezioni locali del sindacato UAW (United Auto Workers),
l’ipotesi
di accordo che a metà settembre i vertici del loro sindacato avevano siglato con la FCA (Fiat Chrysler Automobiles), con relativo pubblico abbraccio di circostanza tra il presidente dell’UAW Dennis Williams e l’amministratore delegato di FCA, a noi più noto, Sergio Marchionne.
di accordo che a metà settembre i vertici del loro sindacato avevano siglato con la FCA (Fiat Chrysler Automobiles), con relativo pubblico abbraccio di circostanza tra il presidente dell’UAW Dennis Williams e l’amministratore delegato di FCA, a noi più noto, Sergio Marchionne.
Da giorni si
avevano notizie di bocciature nelle votazioni di parecchie sezioni locali della
UAW e infine giovedì 1° ottobre è stato reso pubblico il risultato complessivo,
con una dichiarazione ufficiale dello stesso Williams.
La più
grande sezione locale della UAW, con circa 5.000 lavoratori, quella della
Toledo Assembly Complex nell’Ohio, è stata tra le ultime a votare e dove lo scarto
tra voti favorevoli e contrari all’accordo è stato più ampio, con l’87% dei
lavoratori di produzione e l’80% dei lavoratori con mansioni più qualificate
che hanno respinto l’accordo.
Ma in tutti
i maggiori siti produttivi ha prevalso una maggioranza di no, da Detroit ad
altri insediamenti nel Michigan, nell’Ohio e nell’Indiana, così come in
depositi e magazzini in altri stati, in Colorado, in California, ecc.
Nonostante
gli sforzi dei funzionari sindacali per tenere nascosti gli esiti delle
votazioni che si stavano realizzando, assemblea per assemblea, ha funzionato il
grande impulso informativo offerto dall’utilizzo di Facebook e altri social
network, con cui i lavoratori si sono scambiate informazioni sui contenuti
dell’accordo, sui conteggi nelle votazioni locali, foto che mostravano le
schede contrassegnate con il no e proteste in t-shirt che reclamavano di votare
no.
Vedi ad
esempio la pagina facebook di “Autoworker Caravan”, un gruppo della sinistra
sindacale, costituito dal 2008 tra lavoratori e pensionati iscritti alla UAW, a
Detroit ma non solo.
E’ da 33
anni che non succedeva che i lavoratori bocciassero un accordo nazionale in
Chrysler e da 39 che fosse bocciato l’accordo con l’azienda scelta dalla UAW
per fare il contratto “guida” dell’auto.
Negli USA
infatti non esistono contratti nazionali di lavoro e, per consolidata
tradizione sindacale, la UAW sceglie uno tra i grandi gruppi automobilistici
per fare un contratto “guida” per poi estenderlo in maniera analoga agli altri.
Già questa scelta era stata giudicata negativamente da molti, dato che FCA è il
gruppo più piccolo, rispetto a GM (General Motors) e Ford, e dove non solo le
paghe sono mediamente più basse ma dove è più alta la percentuale, il 45%, di
lavoratori di secondo livello, a più basso reddito, con forti differenze tra
nuovi e vecchi assunti. Dove inoltre era stato addirittura vietato lo sciopero,
come anche in GM, con gli accordi “di salvataggio” del settore auto definiti
negli anni scorsi, e in cui questo era il primo anno in cui veniva ripristinata
la possibilità di ricorrere allo sciopero, che peraltro non avvengono negli USA
in questo settore da 8 anni. Insomma, da molti lavoratori veniva giudicata la
situazione di partenza più difficile in cui ottenere migliori condizioni contrattuali.
Dopo anni di
forte ribasso salariale nell’industria automobilistica negli USA, che il Centre
for Automotive Research di Ann Arbor (Michigan) calcola in circa il 25% dal
2003 ad oggi, insieme al forte rialzo dei profitti e nelle vendite delle Big
Three (FCA, Ford e GM), dopo la grave crisi del settore, i lavoratori si
aspettavano di poter ottenere significativi miglioramenti contrattuali.
In un suo
articolo pubblicato il 24 settembre scorso sul sito web di Solidarity, una
organizzazione della sinistra anticapitalista negli USA, Dianne Feeley,
nell’individuare i motivi per cui l’accordo tra UAW e FCA non riesca a
soddisfare le aspettative dei lavoratori, ricorda come i profitti di GM nel
2014 siano saliti a 6,5 miliardi di dollari, quelli della Ford a 6,3 miliardi e
anche quelli della Chrysler si attestavano a quasi 3 miliardi di dollari.
Dianne
Feeley è una lavoratrice in pensione del settore auto a Detroit. Oltre a essere
una dirigente nazionale di Solidarity, è redattice della rivista “Against the
Current” e animatrice di “Autoworker Caravan”, e ha partecipato al movimento
Occupy Detroit. Nel 2012 fu invitata a un incontro organizzato da Sinistra
Critica a Torino, descrivendo le trasformazioni avvenute nell’industria
automobilistica negli USA e le nuove condizioni lavorative che stava
fronteggiando il movimento operaio e sindacale nordamericano (vedi il video).
I lavoratori
si aspettavano in particolare la fine o quanto meno una forte attenuazione del
doppio regime salariale, per cui chi è stato assunto dal 2007 in poi è
collocato nel Tier 2, cioè il secondo livello, con una paga oraria tra i 15,78
e i 19,28 dollari, mentre i vecchi assunti, collocati nel Tier 1, ricevono una
paga oraria di 28,23 dollari. E peraltro anche gli addetti del Tier 1 hanno la
paga congelata da lungo tempo e negli ultimi dieci anni si calcola che abbiano
perso 4 dollari, nella loro paga oraria, per il solo effetto dell’inflazione.
Nel 2011,
con l’accordo di “salvataggio”, era stato promesso che nel successivo accordo
quadriennale la quota di lavoratori collocati dal 2007 al Tier 2 non avrebbe
dovuto superare il 25% dell’insieme della forza lavoro. L’aspettativa era
quindi che almeno una metà dei lavoratori del Tier 2 della FCA arrivassero ad
aumentare la loro paga oraria a 28 dollari.
Come era
scritto in uno dei volantini diffusi da “Autoworker Caravan”, “I due Tier
incentivano in fabbrica una mentalità del “noi e loro”. Le aziende hanno
costruito nel divide et impera una spirale di salari di povertà. E’ il momento
di togliere questo cancro dai nostri contratti.”
Ma l’accordo
siglato dalla UAW il 15 settembre ha disatteso la promessa di quattro anni fa.
Già all’inizio di settembre, al Detroit Labor Day Parade, l’annuale
manifestazione della Confederazione sindacale AFL – CIO, il presidente della
UAW Dennis Williams aveva cercato di rassicurare i manifestanti sostenendo che
l’accordo avrebbe “colmato il divario” tra i due livelli. Ma l’accordo ha
confermato invece inalterati i due Tier.
I lavoratori
assunti prima del 2007 avrebbero avuto un aumento di 1,11 dollari l’ora, che
non copre per nulla quanto perso solo per via dell’inflazione in questi anni,
mentre i lavoratori del Tier 2, in prospettiva tenderà a diventare, svuotandosi
il Tier 1, il livello standard contrattuale, potranno arrivare
progressivamente, a seconda delle loro mansioni, fino a una paga oraria
compresa tra i 17 e i 22 dollari.
Viene
inoltre inserita una nuova disposizione per i lavoratori temporanei. Il
precedente contratto permetteva l’utilizzo di questi lavoratori per
sostituzioni solo il lunedì, il venerdì e nel fine settimana. Adesso non vi
sarà più limitazione alcuna per l’utilizzo di lavoratori temporanei, in
qualsiasi giorno della settimana e per qualsiasi motivo, lasciando inalterata
la loro paga oraria all’attuale livello del Tier 2 (tra 15,78 e 19,28 dollari),
istituendo così una sorta di terzo livello.
La rabbia è
stata poi amplificata dalle rivelazioni che la FCA intenderebbe spostare alcune
produzioni in Messico, dove la paga oraria è al di sotto dei 10 dollari. E
dagli ultimi dati sui profitti della società nel 2° trimestre del 2015 negli
USA, pari a 1,4 miliardi di dollari, un margine di profitto del 7,7%. Nello
stesso trimestre il margine di profitto per Ford è stato dell’11,1% e del 10%
per GM. E il solo Marchionne si è portato a casa 72 milioni di dollari nel
2014.
Come
ulteriore elemento di contrasto, lo scorso giovedì 1° ottobre la FCA,
attraverso Reid Bigland, direttore commerciale del gruppo negli USA, ha
annunciato un aumento del 14% delle vendite nel mese di settembre, la migliore
performance degli ultimi 15 anni.
Adesso i
vertici sindacali della UAW si trovano in una grande impasse. Dovranno cercare
di tornare al tavolo di trattativa, ma i grandi gruppi automobilistici non
hanno alcuna intenzione di allentare i cordoni della borsa, utilizzando la
minaccia delle delocalizzazioni.
Intanto le
tensioni tra i lavoratori dell’auto permangono. Uno sciopero di cinque giorni è
stato proclamato alla Kansas City Assembly Plant, la grande fabbrica della Ford
a Claycomo, nel Missouri, che produce i pickup F-150, con oltre 7.000
lavoratori.
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