giovedì 30 aprile 2015

BASTA STRAGI DI INNOCENTI!


Fate circolare tra i genitori per una migliore comprensione

C’era una volta la Scuola Pubblica

Cari mamme e papà , cari bambini e ragazzi, 
Mi chiamo Scuola Pubblica e voglio raccontarvi la mia fine. 
Mi trovo in uno Stato , quello italiano , che non mi ama , anzi mi disprezza al punto tale che ha convinto tutti a fare lo stesso. Peccato che all’estero sono stata di esempio a tutti !
Dicono che i miei Docenti fanno troppe vacanze ma .....
non dicono che fanno più giorni di didattica di tutti gli altri paesi europei
  ( più di 200) e....
 non dicono che le “vacanze” (si chiamano ferie in realtà) le fanno tutti … solo non tutte insieme in estate come da noi!
Non dicono che gli stipendi dei miei docenti sono i più bassi di tutti gli altri docenti d’Europa.
Dicono che le scuole in Europa sono aperte anche d’estate e che fanno campi estivi ...
Non dicono che sono chiuse molto spesso in inverno per le famose “vacanze” e
non dicono che i campi estivi sono tenuti da altre persone… non dai docenti che sono in ferie ( P.S. i campi scuola li facciamo anche noi !! ) 
Ora sarò io a raccontarvi qualcosa :
un signore di nome Renzi e i suoi amici hanno deciso di cambiare tutto! 
Hanno deciso che ci sarà una sola persona,  il Preside/Padrone a decidere tutto                 
Tutto cosa? Direte voi…     Beh per esempio chi saranno i Professori e i Maestri. 
E come lo farà?  ......Dice Renzi   leggendo i curricola e  scegliendo i più bravi. 
Bene direte voi…. Male dico io… 
E sapete perché?  Se anche veramente scegliesse quelli che lui ritiene più bravi di tutti ( e non la sorella, l’amico, il parente etc…. ) succederà una cosa molto brutta. 
Ci saranno le scuole di SERIE ” A “ e quelle di SERIE “B” .
E voi farete la corsa ad entrare in quelle di serie A.... e se  resterete fuori…. ?
Pazienza … 
Ma a me non piace così , ora tutti stiamo insieme …  ci aiutiamo per diventare migliori . 
Non esiste il più ricco che perciò è più bravo, e il più povero che perciò non lo è .
ORA CONDIVIDIAMO , non c’è COMPETIZIONE .
Gli sponsor privati entreranno nella scuola e nei P.O.F. ( ossia nelle scelte della scuola , le scelte educative) decideranno loro    - cosa imparare     - Chi dovrà e potrà imparare nelle scuole di serie A . 
E gli  altri … ?   E chi se ne importa?.... E i bambini diversamente abili già ora inghiottiti nelle Foibe degli invalsi?... e i Bes? ( come se un bambino o un ragazzo fossero una SIGLA!!!!)
A ME SCUOLA PUBBLICA SI!    A ME IMPORTA!
Sono  come una MAMMA!  Non ho figli di serie A e di serie B io! 
LI AIUTO , ACCOLGO , CRESCO ED EDUCO TUTTI ! Perché li amo come una mamma . Sono IL MIO FUTURO…iL FUTURO DEL MIO PAESE , LIBERO E DEMOCRATICO … ancora per poco … AIUTAMI TU ORA A RESISTERE ED ESISTERE ANCORA !
LOTTA CON ME E PER ME!!!!!
DICIAMO NO AL DISEGNO DI LEGGE “LA BUONA SCUOLA” 
DICIAMO UN SECCO NO ALLA SCUOLA DELLA DISUGUAGLIANZA !
Maestra Alessandra Pirozzi..a nome di tutti i Maestri della nostra Scuola Pubblica!!

lunedì 27 aprile 2015

PRIMO MAGGIO 2015 - CORTEO INTERNAZIONALE A MILANO

CORTEO INTERNAZIONALE DEL PRIMO MAGGIO A MILANO
MILANO - P.ZZA XXIV MAGGIO ORE 14,00

Sette anni di crisi hanno fatto crescere rabbia e indignazione per la disoccupazione dilagante e
l’immiserimento crescente che le politiche di austerità (dettate da BCE, FMI) hanno imposto ai ceti popolari
dei paesi più deboli quali Grecia, Italia, Spagna, Portogallo ecc.
Ai bisogni dei giovani, disoccupati, pensionati contrappongono l'Expo come modello capitalistico di
sfruttamento delle risorse naturali con la parola d'ordine “nutrire il pianeta” e come laboratorio di nuove
politiche sul lavoro che anticipano le legislazioni che riguarderanno tutto il paese.
Per l’Expo si riciclano sponsor imbarazzanti (CocaCola, Nestlé, McDonald’s, Monsanto); si legittimano
governi dittatoriali e stati come Israele, noto per le sue politiche contro il popolo palestinese e si vuol
cancellare il 1° Maggio come la festa del lavoro per farne la sua data inaugurale.
La CUB, insieme alla rete metrolombarda Attitudine NoExpo e all’opposizione sociale, in contemporanea
con l’apertura dei cancelli di Expo2015 riconferma la
MayDay Parade che da 15 anni è il 1° Maggio a Milano.

Contro:
 tutti i guerrafondai
 la guerra dei banchieri nei confronti di lavoratori, giovani e pensionati
 le politiche del governo e della Troika

Per:
 il lavoro stabile
 più salario e pensioni
 reddito minimo
 diritto alla salute e alla cura

Le risorse pubbliche necessarie per realizzare tali obbiettivi vanno reperite
sospendendo il pagamento per due anni degli interessi sul debito pubblico a
banche ed assicurazioni, istituendo una patrimoniale, eliminando le spese militari
e le opere inutili.
Ribadiamo, che Expo Fa Male e che noi lo sciopereremo, che gratis non si lavora, che le ricette di Renzi e
della Troika sono letali, e siamo solidali coi lavoratori della Scala sotto ricatto per la Turandot e con le
migliaia di persone che il 1° maggio 2015 saranno costrette a lavorare, in barba a ogni norma e sentenza.

Il primo maggio 2015 tutti/e a Milano #noexpomaydaymayday, mayday!
Lavoratori e lavoratrici, unitevi a noi in un gigantesco corteo e partecipate alle iniziative previste a Milano:
ORE 10 STAZIONE CENTRALE - ORE 14 P.ZZA XXIV MAGGIO - ORE 19 PIAZZA DELLA SCALA

Confederazione Unitaria di Base
Sede Nazionale Milano: V.le Lombardia 20 - tel. 02/70631804 e mail cub.nazionale@tiscali.it www.cub.it



sabato 25 aprile 2015

Pensiero politico del 25 aprile

rimane di quegli anni un lontano ricordo ormai. come un regalo ricevuto tempo fa e tirato fuori con cadenza annuale. tanto per dire. toh! che bel regalo che ci fecero nel 45. quindi oggi che ci festeggiamo? lo stop ai finanziamenti alle opere inneggianti il fascismo ad Affile? ... è poca cosa.  io credo che oggi si debba festeggiare il ricordo di quella liberazione ed augurarci che presto ne avvenga un altra... piu radicata.  proiettata nei nostri giorni con lucidità di analisi e libertà di espressione...E l'augurio che faccio io oggi vuole essere precursore della liberazione. oggi bisogna essere partigiani, armati di orgoglio nel non confondersi alla massa. equipaggiati di umiltà e responsabilità delle proprie azioni. partigiani consapevoli di non essere i soli ad aver scelto di lottare. partigiani felici di avere intorno  uomini e donne che si battono con la stessa speranza. .. 
partigiani che in silenzio, quotidianamente resistono agli assalti del consumismo e dell'ipocrisia...
BUONA RESISTENZA E BUONA LIBERAZIONE A TUTTI!

giovedì 23 aprile 2015

Bamboccioni a chi? Tutte le testimonianze dei ragazzi che volevano lavorare a Expo 2015

di Maddalena Balacco 
tratto dal sito : giornalettismo.com


Dopo le polemiche sugli articoli che ieri accusavano i giovani di non voler lavorare, “In migliaia rifiutano 1500 euro per lavorare a Expo 2015″, ma i ragazzi raccontano un’altra storia. ecco le risposte che loro stessi ci hanno inviato. E che raccontano la storia di chi chiede solo la possibilità di potersi mantenere in un posto spesso lontano da casa, nella speranza - un giorno - di poter cambiare la propria vita. Lavorando.
“Io ci tenevo davvero”. Così concludeva la sua testimonianza Martina Pompeo, la prima ragazza che ci ha scritto indignata, dopo aver letto un articolo del Corriere della Sera dal quale si evinceva come per la Manpower, azienda di recruiting che selezionava i profili per Expo 2015, avesse trovato non poche difficoltà: addirittura, diceva l’articolo, in molti non si erano presentati alla firma del contratto senza avvisare. I motivi? La scomodità, i turni di sabato e domenica, e via dicendo. Giovani che avevano così rinunciato a sei mesi di stipendio, e uno stipendio non da poco: dai 1300 ai 1500 euro. E subito si era levata l’indignazione popolare: ma come? E cosa volete ancora? Il pensiero era andato ai “bamboccioni” di Padoa Schioppa e agli Choosy di Elsa Fornero. Ma loro, i ragazzi, si sono ribellati. “Non è andata così”, ci hanno fatto sapere via email. Ecco cosa ci hanno raccontato
“VENIVO DALL’AUSTRALIA” - Ovviamente non possiamo confermare la veridicità di tutto quello che ci è stato scritto, ma i particolari sono simili in tutte le storie che abbiamo letto sin qui. La prima a scriverci è stata Raffaella: “Quando ho letto i vari articoli che circolano in questi giorni riguardo all’abbandono di Expo da parte dei giovani mi sono sentita profondamente disgustata ed indignata e, avendo vissuto l’esperienza delle selezioni in prima persona, sento il bisogno di raccontare la mia versione dei fatti.”
La sua vicenda inizia come molte altre abbiamo avuto l’occasione di leggere:
Tutto ha avuto inizio il dicembre scorso quando ho inviato le prime candidature per prendere parte al grande evento. Al momento mi trovavo in Australia per lavoro ed avevo appena deciso di rimpatriare per motivi personali. Mi ero, quindi, messa in cerca di un’occupazione a breve termine per il periodo che avrei dovuto passare in Italia prima di ripartire per continuare i miei studi in Olanda. I sei mesi di Expo facevano proprio al caso mio come tempistica, come opportunità, come tipo di lavoro, ecc; un po’ meno come retribuzione, ma vivendo non lontano da Milano e non avendo una famiglia da mantenere me la sarei fatta andare bene.
Così anche lei invia la domanda:
Dopo il ritorno a casa e alcuni mesi di silenzio, ero convinta che le selezioni fossero già concluse, data l’imminenza dell’evento, e che quindi la mia candidatura non fosse andata a buon fine. Invece no. Il 6 marzo vengo contattata per un primo colloquio di gruppo da Manpower per la posizione di hostess che richiedeva la conoscenza delle lingue cinese e inglese. Nonostante i metodi di selezione piuttosto discutibili – nessuno nella stanza, a parte i candidati stessi, sapeva parlare cinese – il colloquio va a buon fine e resto in attesa della chiamata per avere un colloquio con il cliente che mi avrebbero affidato. Seguono altre settimane di silenzio e di frustrazione, mando mail e non ricevo risposte.

La mancata comunicazione è uno dei punti ricorrenti nelle testimonianze che ci sono pervenute
Finalmente mi chiamano, ma non per il colloquio che aspettavo, bensì per prendere parte ad un generico corso di formazione della durata di 16 ore, sottolineandomi che questo non sarebbe risultato in una sicura assunzione. I giorni 8 e 9 aprile mi reco a Milano per prendere parte al corso ed ho la possibilità di incontrare altri canditati ad uno stadio più o meno avanzato del processo di selezione, ma nessuno con un contratto in mano. Tutto questo a meno di un mese dall’apertura. Ad oggi, 22 aprile, non ho ancora ricevuto la fatidica chiamata che, come mi hanno assicurato più volte, avrei dovuto ricevere. Ho perso tempo e soldi ed ho preso parte ad un inutile corso di formazione pagato dai contribuenti. Ora mi sento raccontare che il processo di selezione è stato difficoltoso a causa dei giovani italiani che si sono rivelati come sempre bamboccioni e svogliati. Non ci sto. Sono schifata da come si tenti di trovare nei giovani un capro espiatorio per un probabile flop (almeno da questo punto di vista) dell’evento, per non andare invece ad additare la poca competenza, la disorganizzazione e gli intrallazzi delle varie agenzie e organi responsabili.

Eppure qualcosa di buono l’esperienza l’ha portato
Tuttavia, sono contenta di aver preso parte a questo lungo e lento processo di selezione perché ho avuto il piacere di conoscere tanti giovani preparati e volenterosi, disponibili a lavorare qualsiasi giorno e in qualsiasi orario e, nei limiti del possibile, con uno stipendio da fame. A quanto pare, però, molti di questi giovani così capaci e con tanta voglia di mettersi in gioco e crescere, dovranno a malincuore lasciare il loro bellissimo paese e i loro affetti per poterlo fare. In Italia, infatti, non solo sono sottostimati e per nulla valorizzati, ma sono addirittura presi di mira e stigmatizzati da un sistema che si basa su anni di mala gestione della cosa pubblica, sulla scarsa lungimiranza e sulla cattiva informazione.
“UNA PERDITA DI TEMPO” - Chi lamenta poca comunicazione e chi, in alcuni casi, “troppa”. E’ il caso di Matteo, che abita a Firenze e ha 32 anni, e ha voluto dire la sua sentendosi colpito nell’orgoglio:
Il 24 febbraio mi sono registrato al portale Manpower ed ho inviato la mia candidatura come steward e come addetto alla comunicazione. Lavorare all’Expo è un’esperienza che mi affascina e ogni tanto, mi piace “scappare” da Firenze per confrontarmi con altre realtà. La risposta mi è arrivata l’indomani con una mail per invitarmi a partecipare ad un colloquio di gruppo, in data 2 marzo, per approfondire il mio profilo. Sono salito a Milano ed ho fatto il colloquio che è durato un paio d’ore.
Anche qui, Manpower sparisce.
Non ho avuto più notizie da parte di Manpower e credevo di non aver passato la selezione, ma l’8 di aprile mi è arrivata un’altra mail dove mi si chiedeva di tornare poiché ero idoneo per la posizione di steward. Ho dovuto rimandare a causa di un’estrazione di un dente del giudizio e mi hanno invitato per l’incontro del
17 aprile. Nella mail c’era scritto che durante il colloquio ci avrebbero dato delle informazioni più dettagliate per quel che riguarda il padiglione di destinazione, le specifiche contrattuali e la turnistica. Ho preso il treno e sono tornato a Milano.
Cosa succede a Milano?
All’incontro eravamo una trentina di persone ed è durato circa venti minuti. Ci hanno detto che eravamo tutti assunti, il nome dello stand, la tipologia (quarto livello CNAI) e la durata del contratto (sei mesi) e che l’orario sarebbe stato dalle 28 alle 36 ore con uno stipendio massimo di €1100 lorde. Tutto senza alcuna agevolazione né di domicilio (alla mia domanda: “scusate ma potete consigliarci in che zona cercare” mi hanno risposto “vai su internet e arrangiati”) né di trasporti, né di mangiare (tenendo conto che il tema dell’Expo è l’alimentazione fa abbastanza ridere) e che le ore di lavoro ci sarebbero state comunicate soltanto alla firma del contratto. Cosa che in tutta onestà mi sembra assurda. La maggior parte delle persone che, come me, provenivano da fuori Milano, si sono irritate dato che le informazioni potevano benissimo darcele per mail e non facendoci salire ancora una volta per venti minuti soltanto.
Ma Milano non ne aveva ancora abbastanza
Lunedì 20, mi è arrivata l’ennesima mail dove sarei dovuto tornare a Milano per l’ennesima volta a firmare il contratto. L’appuntamento mi è stato dato alle 9 di mattina, cosa per me impossibile dato che il primo Freccia Rossa arriva a MiCentrale alle 9. Mentre mi stavo convincendo su come passare la notte alla stazione, un dipendente di Manpower mi chiama al cellulare per dirmi che le informazioni sul tipo di contratto erano sbagliate: non più un quarto livello bensì un sesto per la cifra di 1100€ lorde. Anche se non poteva, mi ha svelato in anteprima le ore del mio contratto ovvero 35 settimanali per uno stipendio netto di circa 900€.Venendo da Firenze, in quelle 900€ devo pagarmi un affitto nell’hinterland per un monolocale di 30/40 mq (lo preciso perché sono quasi due metri per cento chili e un po’ di volume lo occupo) che svaria tra i 350/450€, l’abbonamento alla metropolitana e il mangiare. Gli chiedo se mi può dare almeno un giorno per pensarci e mi dice che va bene, perché nonostante sia un suicidio più che un lavoro, non ho ancora deciso cosa fare. Ad oggi, quando manca quasi una settimana dall’inizio dell’esposizione, so di essere stato assunto ma non ho ancora firmato niente e nel mio caso è Manpower ad essere sparita.
Matteo è demoralizzato
Sinceramente, la mia idea è quella di mandare tutti in quel posto perché io mi sento profondamente sminuito come persona. Sono cresciuto in una famiglia dove mi hanno insegnato come prima cosa il rispetto. Un valore che con il passare degli anni sta diventando antico quanto accendere il fuoco con due pietre. Sono d’accordo sul fatto che in tanti hanno le spalle tonde, ma non mi sembra giusto puntare le luci dei riflettori su di loro e il tono dell’articolo l’ho trovato molto offensivo nei confronti di chi, come me, ha sempre lavorato con dignità. Ho lavorato mattina, sera, sabati, domeniche e giorni festivi per poter avere la mia casa, la mia indipendenza e non essere un peso per le finanze della mia famiglia. Di conseguenza, non accetto di essere trattato come una bestia da persone incompetenti che non sono in grado di (dis)organizzare la selezione di un evento mondiale come questo. Se certe cose non le sappiamo fare, lasciamole fare a chi sa. Ci eviteremo tutti una grossa perdita di tempo. Se posso permettermi di darvi un consiglio, prima di uscire con questi titoloni che non fanno bene a nessuno, cercate di ascoltare entrambe le campane e non soltanto quelle che vi fanno comodo per creare ancora più malumore in questo paese di lobotomizzati di reality show.
“LO STIPENDIO NON ERA QUELLO!” - E’ infine la volta di Stella:
Ho una laurea triennale in mediazione linguistica e una laurea magistrale in Interpretariato di conferenza presso l’università IULM di Milano. Come molti ragazzi ho inviato la candidatura per lavorare all’Expo ma non mi sono mai stati offerti 1500€ NETTI al mese. A dicembre ho inviato 2 cv che mi hanno portato a fare 4 colloqui distribuiti su 5 mesi. Due colloqui presso Adecco e due presso Manpower.Venivano selezionati hostess/steward e guide per i padiglioni con conoscenza dell’inglese e di una seconda lingua tra (spagnolo, arabo, russo e cinese). Superata la selezione da adecco (test di lingua via mail e colloquio di gruppo) mi è stato detto che per loro risultavo idonea, ma i responsabili del padiglione avevano scelto altri candidati.
Stella non ce l’aveva fatta, ma.
Ero però invitata a seguire due settimane di corso di formazione sulla sicurezza con orario 9-18 a Milano per ricevere “l’accreditamento” per entrare expo. A mia domanda: accreditamento per lavorare dove? Mi viene risposto che potrebbero chiamarmi per fare delle sostituzioni durante questi 6 mesi. Chiedo di poterci pensare, poi rifiuto e successivamente vengo di nuovo contattata telefonicamente da Adecco per propormi di fare richiesta la “dote lavoro” di regione lombardia cosa che mi permetterebbe di seguire il corso gratuitamente (ah, che fortuna!) A questo punto comunico via mail che non sono interessata a seguire il corso per fare la riserva. Per quanto riguarda i termini del contratto in fase di colloquio ci avevano comunicato che in caso di assunzione saremmo risultati dipendenti di Adecco con contratto commerciale, la retribuzione non era stata resa nota. Avremmo firmato prima un contratto di prova di un mese e mezzo e poi se il cliente era soddisfatto si sarebbe firmato un altro contratto. Nessuno ha parlato di 1500€ netti. Solo al candidato che percepiva 1600€ di cassa integrazione è stato detto che non era possibile lavorare e percepire la cassa integrazione e quindi consigliato di valutare attentamente se fosse conveniente rinunciare alla cassa visto che lo stipendio sarebbe stato molto inferiore.
La vita dei ragazzi che dovevano scegliere di trasferirsi a Milano (e pagarsi il trasferimento)
Presso manpower invece su richiesta insistente di ragazzi provenienti da Bari, Napoli e alcune regioni del centro-nord ansiosi di sapere se potevano permettersi di affittare una stanza a Milano, la selezionatrice ha indicato una retribuzione di 7€ l’ora, e uno stipendio lordo di 1200€ per una hostess full time. Peccato che poi di fatto venivano offerti turni da 4 o 6 ore, con contratti part-time. All’expo si lavora 5 giorni alla settimana su turni da lunedì alla domenica, 2 giorni di riposo non consecutivi e con orario dalle 09.30-15.30 o dalle 15.30 alle 21.30. So di amici e colleghi di università che il primo maggio inizieranno a lavorare percependo 900€ netti al mese, hanno 25 anni, sono laureati in mediazione linguistica e vivono con mamma e papà a Milano, quindi non devono sostenere spese di affitto. Chi invece doveva affittare una stanza singola a Milano per questi sei mesi ha probabilmente capito che dei 900€ gli sarebbe rimasto ben poco. Chi invece avrebbe dovuto fare il pendolare e spostarsi tutti i giorni con treno e metropolitana da Novara, Pavia e altre città verso Rho ha valutato gli orari e si è reso conto che quando di turno fino alle 21.30 sarebbe arrivato a casa verso mezzanotte. Mi sembrano normali ragionamenti da fare prima di accettare un lavoro. Se siamo conosciuti in tutto il mondo come un popolo che ama i piaceri della vita non possiamo pretendere che i giovani italiani siano stakanovisti robotizzati pronti a macinare km con il trasporto pubblico attraversando la lombardia e disposti a lavorare con salario minimo dormendo sotto i ponti bruciando la laurea per scaldarsi con un falò nel parco.
LA RISPOSTA DI MANPOWER - La precisazione di Manpower, arrivata in serata, parlava di un dato interpretato in maniera fantasiosa: l’80% non aveva rifiutato, bensì non aveva continuato l’iter di selezione per le mansioni richieste. In più i numeri si riferivano solo a delle figure ben precise e non a tutte quelle selezionate per l’evento. In sostanza quelle percentuali e quei dati avrebbero dovuto riferirsi solo a delle figure ben precise, quelle che avrebbero ricevuto il famoso stipendio di 1300/1500 euro, e non a tutte.
GIOVANI E LAVORO – L’occasione, tuttavia, porta a qualche considerazione su come ultimamente venga raccontata la condizione dei giovani in cerca di lavoro. Troppo spesso ci si ferma a dati e racconti probabilmente malposti, per disegnare un quadro in cui i giovani risultano viziati bamboccioni che non hanno voglia di fare niente. Le lettere che abbiamo letto dicono altro, ma dicono altro anche i tanti ragazzi che ogni giorno, partita Iva alla mano, cercano di inventarsi un futuro in un mercato sempre più difficile. Persone, ragazzi, che abbandonano le loro case in cerca di fortuna, e chiedono solo di poter “campare” senza dover pesare su genitori che, spesso, non possono permettersi di assisterli. Non esistono solo choosy e bamboccioni, figure che forse erano simil-veritiere cinque o dieci anni fa, ma oggi restituiscono una verità fallace, resa tale da una crisi che non permette nemmeno di avvicinarsi alla ricerca del lavoro con la solidità necessaria per potersi permettere i sacrifici che comporta la gavetta. Gavetta che, dall’altro lato, non deve essere sfruttamento. Forse raccontando meglio questa realtà si rende al paese un servizio migliore. Al paese e a quei giovani che sono già abbastanza umiliati dalla loro condizione, senza che nessuno li accusi di pigrizia senza conoscere le loro storie.



http://www.giornalettismo.com

Expo: Articolo dal sito del Secolo XIX

Expo e bamboccioni - La mezza bufala dei giovani che rifiutano un posto da 1300 euro al mese.

Milano - Sta facendo discutere moltissimo l’articolo pubblicato oggi in prima pagina e sul proprio sito dalCorriere della Sera con il titolo: “Turni scomodi per lavorare all’Expo, otto su dieci ci ripensano - Seicento i reclutati. Lo stipendio: oltre 1.300 euro netti al mese, compresi i sabati e le domeniche”.

Secondo il quotidiano milanese, l’agenzia interinale incaricata di reclutare il personale (si tratta di tirocini semestrali) ha dovuto faticare parecchio per coprire tutti i posti e - scrive oggi Manpower - 800 posti sono ancora disponibili (chi è interessato legga in fondo a questo articolo). Eppure nello stesso articolo è scritto che, al contrario, i volontari che si sono offerti per lavorare gratis o con limitati benefit sono molti più dei posti disponibili e concordati con i sindacati.

Altra incongruenza: non risulta da nessuna parte che qualcuno abbia lamentato che 1300-1500 euro netti siano una paga troppo bassa per un lavoro a tempo determinato e men che meno per il fatto di lavorare durante i festivi e il periodo estivo. Non risulta perché, proprio nello stesso articolo, i reclutatori si lamentano del fatto che chi non ha risposto alle convocazioni non abbia mandato nemmeno una mail di preavviso.

Da questa mattina l’articolo è on line e sta suscitando reazioni ovviamente disparate. Chi lo trova come una conferma che i giovani italiani sono troppo “choosy”, come li definì una volta la ministra Fornero, o dei “bamboccioni” (altro ministro) e chi invece avanza dubbi e perplessità. E i diretti interessati, gli accusati di aver snobbato il lavoro? Alcuni stanno intervenendo in vari siti e sui social network.

Mapu Pompeo di Moncalieri, una delle giovani che avevano superato la selezione di Manpower, scrive così suFacebook: «Ecco il mio punto di vista: Ho mandato il cv a Manpower per far parte dello staff di Expo a Ottobre, ho fatto tutti i test attitudinali a dicembre, ho fatto il colloquio di gruppo e il colloquio individuale a Gennaio, mi hanno dato un riscontro il 10 aprile, chiamandomi al telefono e dicendomi “Congratulazioni è stata presa, domani le mandiamo la graduatoria ufficiale”. La graduatoria ufficiale non è mai stata mandata. Ho mandato mail, ho chiamato e mi è sempre stato risposto che non ne sapevano nulla. Il 16 Aprilemi chiama un incaricato di Manpower per dirmi che la formazione sarebbe cominciata il 21 Aprile e che mi avrebbero mandato (’naltravolta) la graduatoria. Nulla. Mi ritelefona il 17 Aprile dicendomi che ci saremmo risentiti per la conferma ufficiale nei giorni successivi. Il 20 Aprile mi mandano una mail con su scritto che avrei dovuto cominciare la formazione il 22 Aprile a Milano. Non una graduatoria ufficiale, nessuna menzione al contratto di lavoro o di stage. Il 21 Aprile mi mandano una mail dicendomi che per essere confermata dovevo superare unquestionario. (Scusa ma non ero già stata preso e non incomincio il giorno dopo la formazione?). Ho fatto ripetute domande circa la formazione senza nessuna risposta (La formazione verrà pagata? Dopo la formazione si firmerà un contratto di lavoro?). Tutto questo senza contare che per una posizione di Communication and Social Network il compenso è 500 euro al mese per 6 mesi, dopodichè sei sicuramente a casa,di cui ne avrei dovuti spendere 350 per un abbonamento ai mezzi per arrivare là in quanto Expo non ha nessuna convenzione con i mezzi di trasporto. Quindi ricapitolando ho rifiutato un lavoro perchè con 150 euro al mese non mangio, perchè non mi sembra serio questo processo di selezione (e in generale la gestione dell’Expo in toto) e perchè ho la fortuna di avere un lavoretto e non posso mollarlo dall’oggi al domani (dato che la conferma semiufficiale scritta mi è arrivata il 20 Aprile e avrei dovuto cominciare il 22 Aprile SENZA un cavolo di contratto). Fine».

Raffaele Boffilo, barista milanese, conferma il racconto di Mapu: «Successo anche a me. Pari pari. Ero stato selezionato per il padiglione caffè illy. Test superati ecc ecc. Fanno schifo. Nelle agenzie interinali lavorano solo capre».

Insomma, può darsi che una certa quota di candidati abbia rifiutato il lavoro, ma da queste e da altre testimonianze più che la pigrizia dei giovani sembra emergere la frammentarietà dei contatti e la disorganizzazione del reclutamento, influenzato, probabilmente, dai ritardi in tutta la macchina dell’Expo. Peter Carlaiof, da Palermo, ancora su Facebook, racconta: «Ragazzi, io ho superato le prove, fatto il colloquio a Milano (partendo da Palermo), tante belle parole e L’ ALTRO IERI mi hanno comunicato via mail che non sono idoneo. Mi avessero detto di sì avrei avuto un giorno per trasferirmi e tre per fare la formazione».

Lui però una fortuna l’ha avuta: mentre i reclutatori lamentano di non aver nemmeno ricevuto le mail che comunicavano la rinuncia all’impiego, un altro giovane scrive: «Scopri anche che tanti hanno mandato il CV ( ragazzi qualificati, sia chiaro) e neppure hanno avuto risposta. Chi l’ha avuta si è sentito proporre una cifra di gran lunga inferiore, neppure sufficiente per le spese».

MANPOWER: 800 posti ancora liberi 
Secondo l’agenzia interinale, ad oggi, il portale ManpowerGroup4Expo ha raccolto circa 160.000 candidature per le posizione di lavoro per Expo S.p.A, e 150.000 per i Padiglioni. La maggior parte dei candidati è composto da giovani (tra i 18 e i 30 anni), laureati e provenienti dal Nord Italia. 1000 circa sono le persone reclutate e assunte che stanno già lavorando e/o che inizieranno a lavorare a partire dal 1 maggio. Molti sono stati però i ripensamenti tra i candidati inizialmente selezionati. Per le posizioni di Area team leader (età superiore ai 29 anni) e Operatori Grandi Eventi (al di sotto dei 29 anni) si evidenzia, infatti, un 46% di ripensamenti. Diverse le cause che hanno portato a questa scelta: la lunghezza e la complessità del processo di selezione e la turnazione che prevede il lavoro anche nelle giornate di sabato e domenica. Tuttavia le selezioni continuano per il personale dei padiglioni per i seguenti profili: hostess e operatori dell’accoglienza, operatori della ristorazione e autisti. Sono circa 800 profili ricercati. «Il consiglio che mi sento di dare è quello di sentirsi sempre pronti, anche per coloro che si sono candidati mesi fa - sottolinea Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterraneo ManpowerGroup - Le porte sono ancora aperte».

Questo il link dell'articolo: http://m.ilsecoloxix.it/p/economia/2015/04/22/ARJpi8CE-giovani_rifiutano_bufala.shtml

mercoledì 22 aprile 2015

Jobs act, il call center licenzia 186 persone a Milano e assume al Sud con le nuove agevolazioni

di MATTEO PUCCIARELLI ( Repubblica .it)


La storia arriva da Cinisello Balsamo e l’azienda è la Call&Call Milano srl, un call center che si occupa dei servizi di customer care per tre importanti società finanziarie e bancarie italiane
Chiudere lo stabilimento alle porte di Milano, mandare a casa 186 persone e nel frattempo assumerne altre fra Roma e la Calabria approfittando delle agevolazioni previste dalle nuove norme inserite nel Jobs act. Ottenendo così un doppio risultato: prendere giovani con contratti meno costosi e più flessibili e ottenere gli sgravi fiscali del governo. La denuncia arriva dalle categorie del settore comunicazione di Cgil, Cisl e Uil.
La storia arriva da Cinisello Balsamo e l’azienda è la Call&Call Milano srl, un call center che si occupa dei servizi di customer care per tre importanti società finanziarie e bancarie italiane: Ing Direct, Agos Ducato e Fiditalia. Il gruppo Call&Call nasce nel 2002 proprio a Cinisello (dove tuttora risiede la holding): da qui la società si espande su tutto il territorio nazionale e oggi ha in tutto 2.500 dipendenti e fattura 57 milioni all’anno, come si legge sul sito della stessa società. Solo che il 10 aprile scorso il consiglio di amministrazione dell’azienda ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per la chiusura del sito.
Già da luglio il personale di Cinisello era in contratto di solidarietà di tipo difensivo, riuscendo così a evitare il licenziamento di 41 persone. «Ma con una mossa spregiudicata — dice Sara Rubino (Slc Cgil) — la proprietà, senza aver mai comunicato le difficoltà legate alla gestione del contratto di solidarietà, ha dirottato parte del flusso di lavoro su altre sedi del gruppo, anche assumendo nuovo personale con il contratto a tutele crescenti e senza averci dato risposte rispetto a ciò che già vedevamo e di cui chiedevamo informazioni».

Ma come fa un’impresa che attiva la legge 223, cioè la procedura per i licenziamenti collettivi, ad assumere contemporaneamente nuovi lavoratori in altre zone d’Italia? «Il sistema sta in piedi perché Call&Call ha costituito più società, come in un gioco di scatole cinesi: c’è Call&Call Milano srl, Call&Call La Spezia srl, Call&Call Lokroi srl», spiega Adriano Gnani (Uilcom Uil). Quindi quella milanese può risultare effettivamente in crisi, a differenza di quella di Roma, o di Locri, o della Spezia. La perdita annuale su Cinisello sarebbe di 500mila euro: «Colpa dei costi eccessivi del lavoro, secondo l’azienda. Questo nonostante lo stipendio medio degli operatori sia sui 1.200 euro mensili, che però con i nuovi assunti possono scendere a 1.000».
La versione della holding è che «negli ultimi anni ci sono state perdite di esercizio significative non più sostenibili a seguito di un calo delle commesse e in presenza di costi generali incompatibili con il nuovo contesto di mercato, soprattutto per una fra le pochissime imprese del settore che ha scelto di non spostare lavoro italiano in offshoring e, dunque, non ha potuto mediare l’incidenza del costo del lavoro ricorrendo alla delocalizzazione. Da qui la necessità non più rinviabile di attivare la procedura di mobilità, trattandosi di una situazione strutturale e non congiunturale». Già lo scorso 10 aprile i lavoratori avevano reagito alla comunicazione con uno sciopero: adesso l’intenzione è trasformare una vertenza locale in una questione che riguardi nel complesso la società.


sabato 18 aprile 2015

Da :IlFattoQuotidiano.it ....Dossier illeciti

Tronchetti: ‘Rinuncio a prescrizione’. Pg: ‘Confermare condanna’

L’ex presidente di Telecom e presidente di Pirelli ai giudici di appello per il caso dei dossier illeciti del caso Kroll: "La considero moralmente inaccettabile per un reato che non ho commesso e sono a disposizione dei giudici per un eventuale esame". Il pg: "Chiara consapevolezza"


Il 17 luglio 2013 era stato condannato a un anno e 8 mesi ma il processo d’appello rischiava di concludersi con un non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Oggi l’ex presidente di Telecom e presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, ha rinunciato alla prescrizione nell’ambito del giudizio di secondo grado sui dossier illeciti del caso Kroll: “La considero moralmente inaccettabile per un reato che non ho commesso e sono a disposizione dei giudici per un eventuale esame”.
Al centro del procedimento c’è un cd con dati raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll che nel 2004, quando era in corso uno scontro tra Telecom e alcuni fondi di investimento brasiliani per il controllo di Brasil Telecom, stava portando avanti un’attività di spionaggio nei confronti del gruppo delle telecomunicazioni e della famiglia Tronchetti. Secondo le indagini, quei file vennero intercettati dagli uomini di Giuliano Tavaroli, all’epoca capo della security di Telecom, con una operazione di hackeraggio e poi fatti avere alla segreteria di Tronchetti. Con quel materiale, l’allora numero uno di Telecom fece denuncia sulla spionaggio alle autorità italiane e brasiliane ma, secondo l’accusa, era consapevole della natura illecita di quei file.
Nel luglio 2013, Tronchetti è stato condannato per ricettazione con le attenuanti generiche e la sospensione della pena, tra l’altro coperta da indulto. Il Tribunale ha riconosciuto anche risarcimenti alle parti civili, tra cui una provvisionale di 900 milaeuro a favore di Telecom. Lo scorso settembre, il reato di ricettazione è caduto in prescrizione. Tra l’altro, la difesa del presidente di Pirelli nei motivi di appello aveva già chiesto la riapertura del dibattimento sulla base di nuove testimonianze al fine di arrivare ad una assoluzione nel merito.
Il sostituto Pg di Milano Felice Isnardi invece ha chiesto la conferma della condanna e che venga respinta la richiesta della difesa di riapertura del dibattimento. Secondo Isnardi, la sentenza di primo grado ha provato che c’è stata ricettazione e che Tronchetti Provera era “consapevole“. Secondo l’accusa c’era una “chiara consapevolezza” che i file raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll e intercettati dagli uomini di Giuliano Tavaroli erano stati carpiti tramite “hackeraggio”. Per il sostituto Pg, il fine da parte di Tronchetti “era capire quali erano i dati in possesso di Kroll per prendere le necessarie contromisure nell’ambito della competizione economica per il controllo di Brasil Telecom e ciò indipendentemente dal fatto di denunciare successivamente lo spionaggio”. Per l’accusa, dunque, oltre alla consapevolezza ci sarebbe stato anche il “profitto” derivante dall’attività illecita.  Il magistrato ha spiegato inoltre che la sentenza di primo grado è “completa e condivisibile” e anche che lo stesso ‘capitolò della denuncia alla magistratura “attraverso il quale la difesa punta a riaprire il processo è già stato esaminato in primo grado”.
La difesa di Tronchetti Provera ha chiesto l’assoluzione anche perché bisogna dire che “questa vicenda, in primo luogo, riguarda il diritto di ogni cittadino di rivolgersi all’autorità giudiziaria” e denunciare, cosa che ha fatto “lo stesso dottor Tronchetti”. Secondo la difesa di Tronchetti, rappresentata dai legali Marco De Luca e Giuseppe Lombardi, la sentenza di primo grado, infatti, “è inaccettabile perché mistificatoria dei fatti e delle prove e nel processo ci sono state lacune istruttorie notevoli ed evidenti”. Tanto che i difensori hanno chiesto alla prima sezione della Corte d’Appello di Milano anche la riapertura del dibattimento sulla base di nuove testimonianze al fine di arrivare ad un’assoluzione nel merito. La difesa ha sottolineato, tra le altre cose, come Tronchetti non abbia partecipato in alcun modo all’acquisizione “dei documenti”, ossia dei file dell’agenzia investigativa Kroll intercettati dagli uomini di Giuliano Tavaroli, ma come anzi abbia riversato quei dati “nella denuncia all’autorità giudiziaria”. Fece denuncia, in particolare, sull’attività di spionaggio che Kroll stava portando avanti contro Telecom e la sua famiglia. “Non è possibile – ha concluso l’avvocato De Luca – che costituisca un reato il rivolgersi all’autorità giudiziaria“. Nel corso dell’udienza di oggi Tronchetti ha reso anche dichiarazioni confermando la versione da lui fornita in primo grado e precisando che “non è stata fatta da me alcuna denuncia che non fosse nei confronti di Kroll”. Il prossimo 11 giugno i giudici entreranno in camera di consiglio ed usciranno o con la decisione sulla riapertura del dibattimento o con la sentenza.

Articolo del 17-04-15 tratto dal sito :

http://www.ilfattoquotidiano.it/


lunedì 13 aprile 2015

Appello per Nino di Matteo - dalla pagina fb di Sabina Guzzanti


Questo appello è rivolto ai magistrati Eugenia Pontassuglia, Marco Del Gaudio Salvatore Dolce appena promossi alla Procura Nazionale Antimafia.
Ci rivolgiamo a voi, sicuri di parlare a magistrati ottimamente preparati e determinati a sconfiggere le mafie che oggi hanno ottenuto ormai il CONTROLLO su tutto il territorio nazionale.
Con questo appello non esprimiamo nessun dubbio sulla vostra adeguatezza a ricoprire il ruolo per cui siete stati scelti.
Insieme alla certezza sulle vostre qualità abbiamo però pure la certezza che il dott. Di Matteo sia stato escluso dalla Procura Nazionale, per ragioni politiche e non di merito.
Perfino quelli che nel Csm difendono questa scelta, ricorrono ad argomenti ambigui quali l’incapacità di fare squadra o di rispettare le esigenze dell’ufficio: ambigui perché alludono palesemente a un atteggiamento a cui si rimprovera l’indipendenza.
La mancata assegnazione di Di Matteo alla Direzione Nazionale Antimafia inoltre non è una semplice punizione per il processo sulla trattiva stato-mafia, processo di fondamentale importanza in quanto è l’unico processo che va alla radice del problema dello strapotere mafioso che sta soffocando questo paese.
Essa costituisce infatti un oggettivo impedimento o per lo meno grave intralcio alle indagini, non essendo più Di Matteo titolato a occuparsi di mafia e potendo quindi essere COSTRETTO, come in effetti accade, dai suoi superiori a occuparsi d’altro, come processi per reati di abusi edilizi o di furti di energia elettrica.
Noi siamo fra quelli che non vogliono smettere di credere che questo paese possa tornare alla civiltà e le vostre biografie ci raccontano che siamo dalla stessa parte: vi siete occupati di ‘ndrangheta, degli orrendi scandali di casa Berlusconi e di Finmeccanica. Tutte indagini coraggiose e importanti.
Siamo consapevoli che con questo appello stiamo chiedendo molto: vi chiediamo di RINUNCIARE a un incarico prestigioso a cui sicuramente tenete molto, in segno di solidarietà con Antonino Di Matteo.
Quanti in questo paese sarebbero capaci di compiere un gesto così profondamente onesto?
Non molti ma qualcuno sì: qualcuno in questo paese ha perso il lavoro per difendere il diritto di svolgere attività sindacale, per difendere i diritti fondamentali del lavoro, qualcuno per difendere la libertà d’espressione e d’informazione, qualcuno perde tutto per difendere la verità e la giustizia.
Quante volte tanti vostri colleghi negli incontri pubblici ci esortano a non rinunciare alla nostra dignità nemmeno a costo della vita perché la dignità è il senso della vita. Ebbene se a queste parole vogliamo credere sul serio, è necessario che ciascuno di noi quando ne ha l’opportunità, si ricopra di gloria, scelga la strada più difficile ma più giusta celebrando il senso della vita.
Crediamo invece che accettare questo incarico in questo contesto, vi renderebbe complici di un sistema che quando non è mafioso di fatto, è certamente mafioso dal punto di vista della cultura e della prassi.
Certo voi non fareste nulla di male accettando quest’incarico, ma sapete benissimo e noi tutti lo sappiamo, che c’è una persona che ha più titoli di chiunque per ricoprirlo e che questa persona è stata scartata proprio perché combatte il sistema mafioso per quello che veramente è:
Non combatte la mafia delle fiction televisive, combatte la mafia che gli italiani incontrano tutti i giorni, che siano operai o studenti, precari o magistrati, ricercatori o lavoratori delle forze dell’ordine, politici o testimoni di giustizia.
Se voi rifiutaste questa promozione d’altro canto, sarebbe un segnale così potente, così significativo da restituire a tutti la forza di sperare.
D’altra parte esiste un altro modo di combattere la mafia che non sia quello di rifiutare i suoi premi e le sue punizioni?
Vi preghiamo con tutto il cuore di riflettere seriamente sull’opportunità che vi si presenta di compiere un gesto così nobile e così importante.
Sabina Guzzanti Salvatore Borsellino Marco Travaglio , Sandra Bonsanti, Lorenzo Fazio, Antimafia Duemila, Giovanni Impastato, Paul Ginsborg, Letizia Battaglia, Caterina Guzzanti, www.19luglio1992.com, Agende Rosse Palermo, Enrico Magrelli, Citto Maselli





martedì 7 aprile 2015

EXPO 2015: NUTRIRE LE MULTINAZIONALI, NOCIVITA’ PER IL PIANETA


Il Primo Maggio non sarà la giornata di inaugurazione di un Grande Evento.

Il Primo Maggio va in scena il teatrino che presenta come eccezionale un paradigma, paradigma che in realtà si sta già affermando sul territorio lombardo e su quello nazionale.

Expo non è limitato a un periodo di tempo, non è circoscritto ad una determinata regione, Expo è l’emblema di un sistema di gestione dei territori che travalica la territorialità del qui ed ora, che sfrutta la logica del grande evento, dello stato di eccezione, per mettere i suoi tentacoli in ogni angolo della metropoli e della società: dall’alimentazione al lavoro, passando agli umilianti discorsi rispetto al ruolo della donna, alla consegna della città alla speculazione edilizia e alla corruzione. Expo non inventa nulla, raccoglie e istituzionalizza percorsi d’attacco ai diritti, alla vita, al futuro che da anni subiamo. Expo è un modello di governance, uno strumento del capitale, quindi è un acceleratore di processi neoliberali che vanno dal superamento dello stato nazione e delle sue rappresentazioni sotto forma di democrazia rappresentativa, alla speculazione e all’esproprio di ricchezza dal territorio e di sfruttamento delle vite, passando per l’imposizione della logica del “privato”. Expo, assieme a “grandi eventi” (Mondiali di calcio ed Olimpiadi), Grandi Opere e gestione dei grandi disastri ambientali ha, quindi, un ruolo centrale in questa fase del capitalismo.

Partendo dalla speculazione sui terreni agricoli, il “governo Expo” accelera i processi di svendita del patrimonio pubblico e di “privatizzazione all’italiana”: si fondano aziende di diritto privato che in realtà sono costituite da enti pubblici (vedi Expo spa); vengono drenate risorse a settori di supporto sociale, come l’abitare, la mobilità accessibile, la cultura; si attivano ingenti processi di cementificazione di aree urbane ed extraurbane (centinaia di km di asfalto tra Teem, BreBeMi, Pedemontana e la distruzione dei parchi a sud-ovest di Milano per realizzare la Via d’acqua) che stravolgono l’assetto urbanistico e la vivibilità dei quartieri.

Negli oltre sette anni di re-esistenza, come rete NoExpo abbiamo più volte descritto e semplificato questi processi, ascrivibili al modello Expo, secondo lo schema debito, cemento, precarietà, mafie, spartizione, poteri speciali, nocività, mercificazione di acqua e cibo e anche corruzione culturale, sociale, politica, ideologica. A queste parole sono corrisposte vicende, fatti e inchieste che Expo ha generato e che hanno confermato quanto affermiamo da tempo: Expo non è un’opportunità ma un problema e una minaccia non solo per Milano ma per l’intero Paese. Con l’apertura dei cancelli di Expo, queste parole d’ordine saranno il filo conduttore delle analisi e delle mobilitazioni che porteremo avanti nei prossimi mesi.

GREENWASHING
Attraverso la mistificazione delle idee di ecologia e di sostenibilità e dell’importanza di un’alimentazione sana, Expo si tinge di verde, con la green economy e il greenwashing, per mascherare l’ipocrisia di un approccio al tema tutto interno al modello economico neoliberista, in continuità con esso nel promuovere le politiche legate agli investimenti di multinazionali dell’alimentazione, del biologico a spot e dell’agricoltura intensiva ed industriale. Un evento, a sentire la propaganda, così dedito alla natura e all’ecologia che dovrebbe favorire i piccoli contadini ed un rapporto diretto con la terra, che si basi sull’acquisto solidale, la vendita diretta, il chilometro zero, la diffusione del biologico all’intera popolazione, in definitiva l’accesso per tutti al cibo.
Tuttavia, basta un’occhiata a sponsor e aziende partner di Expo per comprendere l’ipocrisia dei discorsi ufficiali. La partecipazione delle principali multinazionali dell’industria alimentare (basti pensare a McDonald’s) e della grande distribuzione; l’investimento sull’evento da parte di colossi dell’agroindustria che detengono il monopolio sulla mercificazione delle sementi e la gestione di quelle geneticamente modificate (e che moltiplicano in questo modo rapporti di dipendenza dei paesi economicamente più indigenti verso quelli più ricchi); il supporto alle politiche di sfruttamento intensivo dei terreni e il sostegno ad un’agricoltura di tipo industriale, che segue le regole del mercato schiacciando l’attività agricola rurale, sono tutti elementi che raccontano un modello che nulla ha a che fare con il “ritorno alla terra”. Un concetto, sia chiaro, emerso in funzione della cattura, all’interno della ragnatela di Expo, dei soggetti socialmente attivi sul tema, attirati da un immaginario, frutto di una banalizzazione e d’un appiattimento, utile più a vendere un prodotto che a risolvere problemi o presentare alternative.
Coca-Cola, McDonald’s, Nestlé, Eni, Enel, Pioneer, Dupont, Selex, e altre aziende sponsor dei padiglioni nazionali, rappresentano alcune delle aziende responsabili dell’inquinamento di terre e mari, di deforestazioni, di nocività e morti sul lavoro, di allevamenti come campi di concentramento, di armi da guerra e di nuove tecnologie di controllo utilizzate sia in ambito militare che civile, non certo modelli da imitare. Allo stesso modo la presenza di stati come Israele o di altri regimi dittatoriali, per quanto occultata dietro la retorica del cibo strappato al deserto o altre amenità, non può far scordare le politiche genocide o autoritarie di certi Paesi. Ricordiamo che Israele coltiva sì nel deserto, ma grazie all’acqua rubata al popolo palestinese.
E la propaganda di Expo non può nascondere le reali conseguenze di questo grande evento: enormi colate cemento sui campi agricoli inglobati dalle aree espositive col contentino di seminare qualche mq in città, decine di chilometri di nuovi percorsi autostradali su aree agricole o parchi, con il taglio di migliaia di piante e la distruzione di habitat, opere tanto edonistiche quanto nocive per l’ambiente e inutili per la società.

CIBO
L’alimentazione è il tema principale di Expo, ma il modo in cui è affrontata distorce volontariamente alcuni concetti chiave in materia agroalimentare. Expo è un evento-ponte per modellare il vestito nuovo del neo-capitalismo, la green economy che usa concetti come “benessere animale” o “sovranità alimentare” per darsi credibilità.
È evidente quanto il modello Expo sia lontano dal concetto di sovranità alimentare, visto il supermarket del futuro proposto da Coop e M.I.T. e basato sul “consumatore integrato”, cioè un individuo con un conto corrente e la disponibilità di tecnologia di ultima generazione per poter scegliere il cibo, informarsi sull’intera filiera produttiva e riceverlo a casa con i droni. Da buon magnate democratico Expo ha pensato anche a chi non potrà permettersi questo prospero futuro e ha aperto i suoi spazi a McDonald’s, probabilmente il colosso alimentare più cancerogeno e schiavista al mondo.
La formula “benessere animale”, recuperata della propaganda Expo e ripetuta come un mantra dai suoi partners alimentari, è un mal celato tentativo linguistico di edulcorare i drammatici processi dell’allevamento. Sappiamo bene che è un concetto inventato per rendere più accettabile la catena di smontaggio da individui a cibo, in modo da confortare i consumatori, oggi apparentemente consapevoli e attenti all’intero processo dell’alimentazione. Crediamo che non è importante quanto gli animali da reddito vivano bene, come crede di insegnare Slow Food, ma è importante che ognuno di loro possa autodeterminare la propria esistenza e il proprio habitat e lo si sganci dal considerarlo come merce produttiva all’interno di un modello alimentare antropocentrico.
FREE JOBS
“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” quindi, uno slogan che in superficie tratta nella maniera appena descritta il tema dell’alimentazione, ma nel profondo funge da alibi dietro cui si nascondono il cemento dei piani di gestione del territorio nazionale e in cui si sostanzia una precarietà lavorativa, che oltrepassa la dimensione della crisi e diventa dispositivo strutturale per giustificare le politiche di austerity che sottendono al sistema capitalista e alla sua sopravvivenza.
Expo si fa quindi laboratorio di sperimentazione di nuove politiche sul lavoro che hanno, da una parte lo scopo di anticipare le legislazioni che riguarderanno tutto il paese, e che in gran parte il Jobs Act ha già realizzato, dall’altra quello di garantire un evento in cui la redistribuzione della ricchezza è assente o riservata solo a chi sta in cima alla piramide. Attraverso deroghe al patto di stabilità e accordi con i sindacati confederali, viene sancito, con Expo, lo stravolgimento del lavoro a tempo determinato. Permettendone la somministrazione incontrollata e il rinnovo del 100% del personale utilizzabile tra un contratto e l’altro, si abbassa la percentuale di assunzione dopo il periodo di apprendistato, si determinano condizioni di stage che poco hanno a che fare con l’ambito formativo e che invece riguardano direttamente lo sfruttamento lavorativo.
Ciliegina sulla torta di Expo è l’esercito di volontari ottenuto grazie ai suddetti accordi che permettono ad aziende e datori di lavoro di servirsi del lavoro gratuito. All’inizio 18500 persone solo sul sito, poi fermi a 7000 per carenza di candidature, poi cifre di cui diventa difficile comprendere il fondamento. Quel che è certo è che i volontari saranno la tipologia prevalente di manodopera per Expo. È la ramificazione nella ramificazione: per Expo si cercano lavoratori disoccupati da inserire nei processi di perenne occupabilità, per Expo lavoreranno gratuitamente i Neet e gli studenti medi e universitari, cui vengono imposti progetti e lavori con il ricatto del voto finale, della maturità, della promozione o del “fare curriculum”.
Con Expo viene quindi esplicitato l’obiettivo delle politiche lavorative delle ultime due decadi: da lavoratori a tempo indeterminato si è costretti ad accettare qualsiasi forma di tempo determinato; politiche che hanno portato a una crescente precarietà culminante, ora, nello sfruttamento tout court. Con Expo continua l’economia della speranza rivolta al lavoro, per cui la condizione di sognare un futuro prima o poi stabile parte già dal mondo della formazione e si materializza nel tempo sempre più come un miraggio irraggiungibile, mentre si alimenta il sistema di liberalizzazione del mercato del lavoro attraverso l’impiego di agenzie interinali come Manpower, macchine di precarizzazione che agiscono sui territori da tempo. Una speranza che, in fondo al percorso, diviene ricatto e minaccia d’esclusione sociale, agito per rimpolpare un esercito di riserva mai così numeroso.

SOCIAL?
Expo è al contempo, quindi, l’emblema di una fabbrica di sogni e di immaginari, e una farsa. Le promesse di un futuro migliore, la “pulizia” e l’eticità attraverso la categoria del “biologico&tradizionale”, “buono, sano e giusto”, dice Expo dopo aver fagocitato Slow Food e con esso l’operazione “Expo dei Popoli”. Questo contenitore di oltre 40 ONG, associazioni e reti contadine vuole cavalcare “l’occasione” del grande evento, ma attraverso le sue rappresentanze non esprime una critica alla squallida speculazione sul vivente messa in campo dal grande evento, giustificando e legittimando così tutte le logiche di cui Expo si fa vetrina. Non ci si può dire contro, dichiararsi per la sostenibilità ed essere complici di Expo 2015.
Non contento di aver fagocitato senza particolari resistenze questa fetta di mondo associativo e di società civile, che si dice attenta alle “compatibilità”, Expo rilancia con il tentativo di creare una piattaforma sensibile alle questioni di genere. In un primo momento il carattere “gay friendly” di Expo, con la volontà di creare una gay street in via Sammartini e di presentare uno scenario attento al mondo della diversità di genere, ha fatto ben sperare tutto quel giro di locali e affini che speculano sulle identità, e tutti i sinceri democratici che han creduto in un’apertura sociale del grande evento. Ma le carte in tavola si sono scoperte velocemente: la denuncia del processo di ghettizzazione alla base della creazione di luoghi “per gay” e il patrocinio di Expo ad un evento omofobo nel gennaio 2015, hanno svelato la vera natura di Expo rispetto alle questioni di genere e l’uso strumentale delle stesse. Tale natura viene confermata anche dalla creazione di un portale “Women for Expo” che diffonde una rappresentazione della donna come nutrice, cuoca e madre, parametri funzionali alla conferma di immaginari che vedono la donna relegata ad un unico ruolo e subalterna ai meccanismi di governo della società e dei territori.

IL PARADIGMA
Milano è diventata il laboratorio di un paradigma che vuole imporre un modello di sviluppo e governance che trasforma irreversibilmente e in modo lesivo la società e i territori. Vediamo la nostra città trasformata, modellata per farla diventare una bomboniera da vetrina, facendo tabula rasa della memoria dei quartieri popolari e del verde cittadino. Un modello che prevede l’accumulo di ricchezza a favore di quei pochi che regolano il gioco del settore edilizio o che gestiscono in generale le eccedenze di profitto; ci sottraggono territorio, beni comuni, servizi, reddito per darli in pasto ai grandi squali dell’edilizia o della finanza, mentre le aziende appaltanti intascano mazzette. Lo scenario dell’Expo era allestito per far da copertura a queste operazioni e mettere in moto un nuovo dispositivo predatorio.

Questa è la crescita tanto decantata dalla Troika. Questo il tipo di progresso che si sta promuovendo: un avanzare effimero che serve a rigenerare la finanziarizzazione di beni e servizi e la sottomissione di regole e priorità alle esigenze del mercato, applicate in tutti i settori, perfino nell’immaginario, per darsi autogiustificazione. Il paradigma Expo vorrebbe continuare a costruire un mondo che si è già dimostrato superato, protagonista della crisi iniziata nel 2007, e che cerca di rialzarsi calpestando le sue stesse macerie.
L’ATTITUDINE NOEXPO
Il rifiuto di questo modello e il suo superamento nella propulsione di altre logiche sta alla base dei nostri ragionamenti e porta la rete dell’Attitudine NoExpo a individuare le seguenti priorità:
• Fermare l’estrazione di risorse e lo smantellamento dei servizi e dello stato sociale per promuovere la tutela del bene comune e del bene pubblico.
• Riaffermare la sostenibilità della vita attraverso l’abbattimento della precarietà, l’attenzione all’utilità del lavoro e alla sua retribuzione. Combattere la precarietà come dato acquisito e destinare, ad esempio, le risorse finanziarie dedicate a questi eventi ai settori lavorativi messi in ginocchio dalle nuove legislazioni.
• Trovare nella lotta ad Expo la possibilità di un fronte sociale comune, bloccando immediatamente la logica del lavoro gratuito in favore di quella del reddito garantito.
• Promuovere la cura dell’educazione e della formazione che devono tornare a focalizzarsi sullo scambio di saperi e non sulla compravendita di energie da impiegare nel mercato seguendo bisogni determinati unicamente da logiche di consumo. Ripartire dalla scuola, contestando con forza tutte le forme di aziendalizzazione della formazione pubblica e i meccanismi di falsa meritocrazia che sviliscono la qualità dell’insegnamento trasformato in una competizione senza fine.
• Ripartire dal sostegno ai piccoli agricoltori e al biologico per tutti e non solo per la ricca élite che si può permettere Eataly.
• Ripensare ad un rapporto equiparato tra le specie che popolano terre, acque, cielo, in prospettiva del superamento della prevaricazione di una popolazione sull’altra e della specie umana su tutte le altre.
• Affermare immaginari che ribaltino quelli di una società machista, maschilista e patriarcale, che svelino la ricchezza e la pluralità dei generi oltre il binarismo della categorizzazione imposta.
• Tutelare il diritto alla città, salvaguardando in primo luogo i parchi di Trenno e delle Cave che potrebbero subire, a causa di Expo, trasformazioni strutturali che porterebbero alla parziale distruzione di uno dei polmoni più importanti di Milano e metterebbero a repentaglio la vivibilità della zona.
• Riappropriarsi della città, della memoria dei sui luoghi, della ricchezza dei suoi parchi, della possibilità di vivere liberamente il territorio urbano.
• Il carattere estemporaneo di Expo rivela la necessità di una battaglia che non si esaurisce né inizia con il primo maggio, il primo maggio viene assunto come momento centrale di un percorso che si è articolato prima e si articolerà dopo la chiusura del megaevento.

Questa è l’Attitudine No Expo: un approccio a questo modello che sappia rispondere tentacolo per tentacolo e crei iniziativa, azione, (ri)creazione oltre alla mera contrapposizione.
COSA VOGLIAMO
Il Primo Maggio deve essere una giornata in cui le vertenze sollevate all’interno del territorio milanese e in tutto il Paese trovino spazio di elaborazione, espressione ed azione condivisa. Dalle politiche dell’abitare alla tutela dei beni comuni; le lotte popolari territoriali e i blocchi sociali metropolitani che resistono ai processi di saccheggio e precarizzazione; dall’analisi sul debito e sullo SbloccaItalia al dibattito su lavoro, lavoro gratuito, Neet e Garanzia giovani; dalle politiche sull’alimentazione al ragionamento sulle metropoli e i processi di gentrification; dalla questione di genere a quella animale
In questo periodo contraddistinto da una liquidità sociale senza precedenti, Expo è emblema “del nemico”, di tutte le lotte che ci accomunano. La nostra forza sta nella capacità di riconoscerci soggettività, inseribili in una globalità che modelleremo solo se sapremo metterci in discussione per tessere nuove reti di espressione, di crescita e sviluppo di lotte, saperi, percorsi e pratiche.
Il superamento di Expo è una scommessa, e in questi sei mesi vogliamo creare un’agenda politica che ci permetta di intrecciare le lotte territoriali, nazionali e internazionali e sviluppare quelle connessioni tangibili, che non si esauriranno in una manciata d’ore nei giorni della “grande” inaugurazione, e che sono condizione necessaria per dare gambe e respiro a una lunga stagione di lotta

La sfida lanciata da Renzi, quella di non rovinare la festa alla vetrina di Expo, è una scommessa che raccogliamo e rilanciamo, e che ci chiama all’azione il Primo Maggio. Ci andremo, ma con lo sguardo volto oltre la data.


LE CINQUE GIORNATE DI MILANO (29APRILE-3MAGGIO)

Contro l’inaugurazione di Expo2015 lanciamo una catena di appuntamenti, che per noi inizia il giorno prima, 30 aprile, con l’attraversamento della città da parte di un corteo studentesco di respiro nazionale che parlerà di lavoro gratuito, di riappropriazione degli spazi giovanili, di apertura di nuovi fronti di dibattito metropolitano a livello studentesco.

Seguirà il Primo Maggio, erigendosi a simbolo di un modello di sviluppo lontano dal regime dell’austerity e attento al benessere sociale della popolazione. Una giornata di iniziativa ed azione, un Primo Maggio in grado di raccogliere la radicalità festosa della Mayday milanese e di farne patrimonio per caratterizzare una protesta determinata e incisiva, legittimata dal consenso di coloro che subiscono giorno per giorno lo smantellamento dello stato sociale, capace di comunicare ad ampi strati della popolazione. Il Primo Maggio deve essere lo scenario della capacità di mobilitazione e della convinzione che senza conflitto non c’è cambiamento, ma che non c’è conflitto senza consenso. Una giornata in cui il conflitto si traduce anche in campeggio per garantire l’ospitalità a chi viene da fuori. Il campeggio si aprirà il 30 aprile. Un tempo e un luogo in cui riappropriarsi del verde della nostra città, perché l’alternativa ad Expo per vivere i nostri parchi è possibile e non per forza passa per lo sfruttamento e lo stravolgimento del territorio (vedi vie d’acqua). Un campeggio che sarà animato da dibattiti, workshop e assemblee, proprio sui temi che Expo ha deciso di usare come copertina per nascondere la sua vera natura attraverso operazioni di green-washing e pink-washing.

Il 2 maggio, abbiamo scelto di continuare la mobilitazione, non abbassando il livello del conflitto, ma diffondendo in tutta la città, su più livelli e su più pratiche e tematiche, l’opposizione diretta all’evento Expo. Nei quartieri e nei territori, dal centro storico alla provincia, attraverso l’hinterland e le periferie, mostreremo, in un’ampia varietà di azioni, quanto siamo contrari al circo di Expo.

Il 3 maggio, infine, costruiremo una grande assemblea conclusiva, capace di raccogliere il portato delle tre giornate di cortei e azioni e mettere a valore le opinioni, le proposte, le riflessioni e anche le critiche di tutti e in cui presenteremo AlterExpo, non una fiera alternativa, ma sei mesi di azioni, iniziative, alternative, percorsi, oltre il grande evento e contro il modello delle grandi opere e dei megaeventi. Un momento che sappia rilanciare lo spirito, l’attitudine dell’opposizione a Expo nei sei mesi che seguiranno, ma anche e soprattutto oltre i sei mesi dell’esposizione.

Expo è un modello di gestione del territorio, del lavoro, dell’istruzione, dei rapporti sociali, del cibo e dell’acqua, che presto o tardi ci verrà imposto senza più alcuna grande opera o grande evento a fare da paravento e giustificazione.

Noi ci opponiamo a questo modello ora, il Primo Maggio, nei sei mesi di Expo e oltre.
Expo fa male, facciamo male a Expo. Il Primo Maggio comincia la nostra festa.
See you at the party!

LE COMPAGNE E I COMPAGNI DELLA RETE ATTITUDINE NO EXPO





sabato 4 aprile 2015

IL PRINCIPIO DELLA RANA BOLLITA di Noam Chomsky


Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta – sfugge alla coscienza e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.

Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.

Allora se non siete come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare, prima che sia troppo tardi!

volantino ( vertenza Unipol ) distribuito la scorsa settimana e alcune foto del presidio davanti a villa Donatello .

UNA MANO ( La Regione ) LAVA L’ALTRA ( la CGIL ) E TUTTE E DUE LAVANO IL VISO (UNIPOL )
UNIPOL 
proprietaria di Villa Donatello e del Centro Oncologico Fiorentino di Villa Ragionieri , per aumentare i suoi margini speculativi in campo sanitario dichiara la crisi delle due strutture : Sul Centro Oncologico dichiara una perdita di 1 milione al mese e minaccia di chiuderlo se la Regione non lo compra. Anche Villa Donatello, secondo Unipol è in perdita e per rilanciare i profitti LICENZIA 46 operatori e ristruttura convertendo la struttura in ambulatori , piccola chirurgia e reparti in cui può speculare meglio sul bisogno di salute dei cittadini, che a causa dei tagli di governo e regione , ogni giorno perdono sempre più pezzi del SSN pubblico .
IN SUO AIUTO arriva la Regione che si appresta a comprare il Centro Oncologico per un bel po’ di soldini ( 60 milioni ? ), infatti , IMPROVVISAMENTE, la Regione scopre la necessità di un Polo Oncologico. MA come si fa ad acquistare una struttura che è in perdita? MA come si fa a spendere tutti questi soldi per venire incontro ad un soggetto privato togliendo soldi al SSN ? MA perché se proprio c’è bisogno di un polo oncologico non lo si crea in una delle tante strutture vuote di cui la Regione dispone ( Villa Basileschi, ecc..) ? MA se proprio vuole villa Ragionieri PERCHE’ la Regione non la ESPROPRIA ? Cosa consentita dalla Costituzione (art. 42 e art. 43) ; MA se è necessario il polo oncologico PERCHE’ Rossi si appresta a pre-pensionare uno dei migliori chirurghi dell’ortopedia oncologica d’Italia il Prof. Rodolfo Capanna ? MA perché si libera, nello stesso modo, di tanti ottimi chirurghi tra cui il Prof. Ceruso primario della chirurgia della mano, forse perché Unipol vuol investire nella chirurgia della mano ?
Ma fra tanti Misteri delle certezze ci sono e cioè :
I 46 lavoratori di Villa Donatello che stanno per essere licenziati, E i 170 lavoratori di Villa Ragionieri che se la Regione acquista la struttura faranno la stessa fine.


Intanto la CGIL per essere al passo con Regione e Unipol invece di incazzarsi e lottare, insieme alla CUB, per impedire la perdita di tutti questi posti di lavoro ha pensato bene di proporre ai lavoratori addirittura di auto-licenziarsi e di mettersi nelle mani di una agenzia interinale con la speranza, un giorno ( fra 3 anni ) che arrivi un bel concorso che gli dia un posto sicuro nel SSN ( se ancora ce ne saranno tracce ).









Continua l'esame congiunto con UNIPOL,  così come prevede la normativa, a seguito della messa in mobilità di 46 dipendenti della Casa di Cura di Villa Donatello, uno dei centri sanitari più prestigiosi di Firenze la cui proprietà, UNIPOL, vuole riconvertire in ambulatori, piccola chirurgia, diagnostica,..  dopo che, a seguito della applicazione della legge Balduzzi sulla reinternalizzazione della libera professione intra-moenia dei medici del SSN è venuta meno la convenzione che la casa di cura manteneva con l'AOU Careggi sin dal 1999.

La  CUB Sanità, che nella struttura ha la stragrande maggioranza degli iscritti viene continuamente osteggiata dai confederali, sopratturro CGIL ( che non ha neppure un terzo degli iscritti che ha la CUB) che ha sempre rifiutato ogni forma di dialogo con la CUB nonostante sia stato da noi più volte richesto, ORA, CGIL  in combutta con CISL ( ancora meno iscritti di cgil ) e  UIL ( nessun iscritto ) hanno rifiutato di portare avanti la trattativa , insieme alla CUB, e tutto ciò proprio nella fase che precede la messa in mobilità del personale. Come sempre, i Cofederali, giocano sulla pelle dei lavoratori e pensano solo ai loro interessi di bottega ed a quelli dgli amici di area politica. VERGOGNA
Quindi tavoli separati e la CUB , come sempre, porterà avanti gli interessi dei lavoratori, perchè la CUB non ha amici politici dasponsorizzare nè amici imprenditori da sostenere.